Giorgio Gaber

Ritratto dello zio

Giorgio Gaber


Caro, vecchio zio fascista 
è vero che avete fatto un bel casino 
ricordo dai racconti di mia madre 
che sei andato a Roma a piedi, da Milano. 

A istinto io ti ho sempre giudicato 
come uno che si accende e non ragiona 
e ho fatto un po' di facile ironia 
senza capire mai la tua persona. 

Direi che eri un po' stupido e felice 
coerente con l'immagine del duce 
a ventun anni avevi già una figlia 
la guerra tutta tua e l'idea della famiglia. 

Ai tempi in cui cadevano le bombe 
mostravi con orgoglio il tuo coraggio 
eppure ti piaceva l'aria fresca 
delle mattine limpide di maggio. 

L'uomo è quasi sempre meglio 
rispetto alla propria ideologia 
ricordo quella volta che piangevi 
e quanto stavi male per la zia. 

Del resto il segreto del fascismo 
è nel simbolo del fascio littoriale 
e appena un fascettino si è staccato 
svanisce la sua forza criminale. 

Caro, vecchio zio fascista 
a vederti innaffiare le tue rose 
ancora non mi entra nella testa 
come hai potuto fare certe cose. 

Sorridi accarezzando i tuoi nipoti 
con una commozione così vera 
hai sempre avuto il cuore troppo tenero 
e la testa troppo dura. 

Negli uomini politici di oggi 
c'è come un grosso salto di statura 
ma c'hanno ancora il cuore troppo tenero 
e la testa troppo dura.