E fatte così presto, rammento l'armatura su cui si stende il tuo vermiglio manto caduto solo nella brulicante arsura e mille paleontologi in disparte. Si fanno largo in mezzo alle alte mura uomini e donne atterriti dalla sorte pagano il prezzo che libertà li accolse ombre nel vuoto della nomenclatura. Strisciano il fondo tra serpenti e ubriachi occhi di madreperla e cuori infranti restano feriti dall'usura, di un cielo di volatili ondeggiante. Per questo e per mutevoli sentieri, cadono le stelle degli amanti a ricordar che dove tutto sembra vero è solo un sogno a cui si affrettano distanti le carovane cariche d'oblio lo spirito recando in altrettanti luoghi dove indomito è il desio, e la campana suona un'ora avanti. Chi può tra queste oasi di rimpianto dice il suo verso o giura devozione colui che ascolta si ferma o torna indietro ma non c'è niente di nuovo che si oppone. Tra me questi lamenti di sciamani restano lì come impauriti oppure assorte le maschere dai cuori riluttanti e i carri degli Achei pronti alla morte. Stazioni e treni sono i mesi e gli anni si fermano e ripartono ogni ora lasciando dietro a sè solo il ricordo di un'impossibile rincorsa che avvalora la tesi di cui trasformo in gamma il segno che rimanda e non consola la mela da cui Eva staccò un morso e più mi perdo e più mi riconosco.