Giorgio Gaber

Gli altri

Giorgio Gaber


Lui si svegliò quel giorno e stranamente 
la prima cosa intorno che guardava 
di colpo quella cosa diventava. 
Lui diventava tutto e tutti quanti 
lui diventava albero e cavallo 
persona, pietra dura e poi trifoglio. 
Lui diventava 
abbarbicati amanti, uomini silenti e rumorose masse 
e tutti gli elementi di città e campagna 
ovunque si recasse. 
Lui diventava il padre virile e ingiusto 
lui diventava il figlio un po' smarrito 
l'onesta madre che l'aveva concepito. 
Lui diventava 
i riti della casa e le conversazioni e poi la compagnia 
e gli uomini e le donne che per le strade 
s'addensano in follia. 
E poi la conoscenza, il nobile concetto e l'intelletto 
l'idea che a tutto tu devi dare un nome 
il senso del reale e soprattutto 
il maledetto "se e come". 
Lui si svegliava ogni mattina e tutto, tutto 
diventava suo 
e tutto diventava parte di quell'uomo 
che ora sono anch'io. 

Non esiste né luogo né tempo 
distanza non esiste 
io sono gli uomini del passato canuti e saggi 
io sono gli uomini del futuro smarriti e scaltri. 
Io sono come tutti 
io sono gli altri. 

Io sono gli altri 
io sono gli altri 
io sono gli altri 
io sono gli altri. 

Io sono gli altri 
io sono gli altri 
io sono gli altri 
io sono gli altri.