Argine

Vene D'Acero

Argine


L'Austro alterna il suo verso, 
Come un roncone lacera il petto. 
Precisa è l'ombra che segue 
Ogni raggio febbrile di luce. 

Dio, non fare di me un Dio. 
Non fare di me parte del tempo 
O di altro ancora, 
Come le grida di gloria. 

Dolce natura muta le stagioni. 
L'acero verde raccoglie le sue foglie 
Irto si erge lontano alla terra beata. 
Cosa aleggia oltre il frastuono? 
Il momento che poi si disperde. 
La folla fluisce tra le strade un po' nere 
Bianche di ceneri sporche e maculate. 

Ma un uomo 
Un uomo su un milione 
Su un milione di spermatozoi 
Uomo ridicola bestia eroica 
Uomo Umano 
Rinnego il tuo e il mio esistere, 
Morboso rifiuto dell'essere. 
Fino all'ipnosi. 
Non è il morire che si può temere 
Ma la sconfitta quotidiana 
Ad ogni umiliazione. 

Misericordia luce purezza 
E misera immensità 
Cosa in essa si conserva? 
Cosa in essa si riserva? 

S'intona la voce alla folle parola 
Selvaggia è la vita ed intenso è il vuoto in essa 
E allora lacera quella quiete primaverile 
Che lascia il tumulto dell'istinto 
Rispondere.